Save The Duck è nata con il dichiarato intento di dar vita a una realtà che avesse come pilastri il rispetto per gli esseri viventi e l’ambiente e che potesse svilupparsi seguendo principi di sostenibilità, promuovendo un modello di business trasparente e rigenerativo.
“Gli animali non sono materie prime”, è così che descrive il principio fondante dell’Azienda Silvia Mazzanti, oggi a capo della funzione Sostenibilità, ma con un background nello sviluppo di prodotto e approfondita conoscenza della supply chain.
“Da sempre, l’Azienda ripone un’attenzione speciale nella scelta e nel monitoraggio della catena di fornitura, prediligendo rapporti di collaborazione continuativi e duraturi con i propri fornitori.” – esordisce così Silvia Mazzanti, e continua: “Negli ultimi cinque anni, l’azione per lo sviluppo sostenibile di Save The Duck è cresciuta ben oltre il concetto di animal cruelty free – che resta il punto cardine del nostro impegno, realizzandosi attraverso progetti fondati sui principi di ecodesign. In altre parole, perseguiamo obiettivi di sostenibilità già dalla fase di disegno delle nostre creazioni. Questo è un passaggio quanto mai necessario, considerando che il settore moda è oggi al terzo posto fra le industrie inquinanti nel nostro Paese – dietro solo a Oil & Gas e quello delle costruzioni – e che per il 2023 è atteso un volume di mercato intorno agli 83 miliardi di euro.”
Per Save The Duck, l’ecodesign è, anzitutto, stare sul mercato distinguendosi in modo radicale dal fast-fashion, producendo due collezioni l’anno, dove dare vita a capi e accessori destinati a durare nel tempo. Tutto questo producendo sul venduto, evitando stock e sovraproduzioni.
“Ideare capi che restino nell’armadio a lungo è sicuramente fra gli obiettivi più importanti per Save The Duck.” – racconta Silvia Mazzanti, e continua: “I nostri clienti non sono considerati come dei consumatori, perché la moda non deve essere concepita come un bene di consumo. I capi Save The Duck ci accompagnano nella nostra quotidianità, e per questo ci impegniamo a garantirne la durevolezza: li progettiamo perché siano resistenti nel tempo ed emozionino altrettanto a lungo chi sceglie di acquistarli.”
Insieme all’obiettivo della durevolezza, c’è quello della riciclabilità del prodotto. Le linee guida di ecodesign adottate da Save The Duck, vogliono difatti spingersi oltre la vita di un prodotto, che può essere ben più lunga del suo tempo di utilizzo. “Per realizzare questo, è necessario disegnare capi d’abbigliamento o accessori che siano facilmente disassemblabili e che utilizzino materie prime monocomponenti. Tali scelte di ecodesign conferiscono all’oggetto un alto profilo di riciclabilità.” – aggiunge Silvia Mazzanti, chiarendo come le linee e i materiali, se pensati in una chiave di sostenibilità, possono rendere i prodotti eterni se non nel loro uso, almeno nella sostanza. Per questo, tutti gli oggetti disegnati dai creativi di Save The Duck mantengono nel tempo linee essenziali e ricorrono sempre più spesso a materie prime di origine riciclata e, a loro volta, riciclabili, oltre che provenienti da filiere controllate e certificate. Essenziale, però, è che il sistema sia in grado di raccogliere e lavorare una quantità sempre maggiore di articoli giunti a fine vita, trasformandoli in materie prime seconde (MPS) da integrare nuovamente nel ciclo produttivo. “Altrimenti – come ci spiega Silvia Mazzanti – l’impegno crescente delle aziende per il riciclo e la circolarità rischia di essere vanificato”.
In quest’ottica nasce per Save The Duck lo zaino ANIMA, frutto della collaborazione con Radici Group e Vibram, nell’ambito del Monitor for Circular Fashion di SDA Bocconi. “ANIMA è un progetto pilota ispirato alla struttura del kimono giapponese, il quale – attraverso sapienti pieghe di tessuto e cuciture minime – consente un azzeramento degli sprechi.” – così, Silvia Mazzanti introduce il nuovo zaino nato da un’intuizione creativa di Save The Duck e Vibram, e realizzabile impiegando il filato di nylon riciclato di Radici, la luxury rubber StratX, proveniente da scarti della produzione di Vibram e pochi accessori sempre monomateriali. La progettazione di ANIMA, rende lo zaino perfettamente scomponibile nelle sue parti. Il fondo dello stesso, si trasforma facilmente in un astuccio. Semplicemente sfilando una singola cucitura, l’accessorio può essere riciclato e riutilizzato con altre finalità considerando la singola componente. Questo prodotto rappresenta un esempio di upcycling innovativo e integrato.
“Lo abbiamo chiamato ANIMA proprio per sottolineare il legame fra lo zaino e chi lo possiede, un rapporto emozionale destinato a durare negli anni, e concependo l’accessorio non come oggetto ma come estensione della nostra anima.” – aggiunge Silvia Mazzanti.
Fra le sfide per il futuro di Save The Duck, oltre allo sforzo creativo orientato a produzioni sempre più circolari, vi è anche quella di rendere i propri clienti (reali e potenziali) maggiormente consapevoli dei principi di sostenibilità e trasparenza a cui l’Azienda s’ispira. In quest’ottica, vengono costantemente aggiornati e diffusi contenuti volti a formare e informare tutti gli stakeholder, inclusi i clienti finali, sull’operato che esiste dietro ogni prodotto. Importanti poi anche le campagne stagionali, volte non solo alla comunicazione delle collezioni ma anche a veicolare messaggi di sensibilizzazione, come ad esempio “Refresh The World”. La campagna, dedicata alla linea Arctic Autunno/Inverno 2022 di Save The Duck ha presentato la collezione parka denunciando, con il tono ironico che contraddistingue il brand, la crisi climatica in corso.
“Non dimentichiamo i giovani e la loro sempre crescente sensibilità verso le questioni ambientali e i diritti fondamentali dell’uomo, di gran lunga superiore rispetto alle generazioni precedenti. Questa sensibilità e consapevolezza è sicuramente destinata a crescere. Pochi giorni fa” – conclude Silvia Mazzanti – “mia figlia mi ha posto una domanda sui Sustainable Development Goals, gli obiettivi per il 2030 indicati dalle Nazioni Unite e sui quali quotidianamente lavoro. Questo, ovviamente, mi ha sorpreso molto. Sembra strano che una undicenne parli di SDGs. Allo stesso tempo però la sua domanda ha come «accarezzato» la mia convinzione che la strada che stiamo percorrendo – per quanto ricca di incertezze e traguardi su cui lavorare – è senza alcun dubbio l’unica che abbiamo davanti.”